Plectropomus pessuliferus marisrubri, nota anche come cernia rossa dei coralli del Mar Rosso, è un pesce di acqua salata dal corpo massiccio, con grande testa e bocca sporgente. Su entrambe le mandibole è presente una fila esterna di denti anteriori caniniformi inclinati verso l’interno, seguiti da una serie più interna di denti mobili e depressibili. La colorazione è rossa con macchie irregolari molto chiare, grigie o giallastre, ma può variare con l’età e diventare bruno-rossiccia, tanto da far sembrare diversi due esemplari della stessa specie. Nel Mar Rosso, la cernia rossa è indubbiamente una delle specie più affascinanti ed è possibile osservarla anche nell’Indo-Pacifico, in Nuova Caledonia e nelle isole della Micronesia. Abita fondali corallini lungo il pendio esterno del reef, da 2 a 150 metri di profondità e la lunghezza media è compresa tra i 15 e gli 80 cm. È in grado di vivere fino a 40-50 anni e il suo comportamento è così territoriale che difficilmente si incontra in grossi assembramenti, fatta eccezione per il periodo riproduttivo dove forma gruppi composti da un solo maschio e da 2 a 12 femmine che difendono il territorio. Si trova in aree particolarmente ricche di vita, in prossimità di anfratti e grotte ed è facile incontrarla mentre si muove lungo il pianoro corallino, mentre riposa sotto l’ombrello di un’acropora o dentro una grotta, oppure mentre nuota a poca distanza da gorgonie e alcionari dove si nutre di piccoli pesci che caccia al tramonto e all’alba. Da uno studio pubblicato su Nature Communications nell’Aprile 2013, alcuni ricercatori hanno scoperto che la cernia rossa dei coralli ricorre ad un linguaggio dei segni con altre specie di pesci, con cui condivide il territorio, per chiedere aiuto nel catturare prede e per difendersi da ulteriori predatori; questo pesce è sì un abile cacciatore, veloce nell’inseguire e attaccare le prede in mare aperto ma, quando la preda si insinua nelle fessure e negli anfratti della barriera corallina, ricorre ad un linguaggio dei “segni” per chiedere rinforzi, facendosi aiutare da altri predatori come la murena gigante o il labro napoleone. La cernia aspetta anche 20 minuti che uno dei soccorritori si presenti sul posto e, quando uno dei due arriva sul luogo, la squadra si mette al lavoro: la cernia inizia a “ballare” scuotendo il corpo e muovendo la testa da destra a sinistra per avvisare i suoi collaboratori che il pranzo è servito; il labro napoleone, più audace, si scaglia contro la barriera corallina distruggendola, costringendo la preda a cercare riparo per evitare di essere ferita, mentre la murena utilizza il suo corpo sottile per penetrare negli spacchi dei coralli e stanarla. Sembrerà strano ma, seppur partecipino più specie che competono per la stessa fonte di cibo, le cernie hanno più successo lavorando in gruppo: quando cacciano da sole, catturano, in media, una preda ogni venti tentativi mentre, quando ricevono aiuto, il risultato è decisamente migliore e circa un tentativo su sette va a buon fine. Gli scienziati stanno ancora studiando come facciano le cernie a comunicare con altre specie e come un cervello così piccolo possa essere sfruttato per l’organizzazione di una caccia cooperata con specie diverse. In definitiva, quanto sopra, dimostra come le abilità cognitive siano indipendenti dalla dimensione del cervello e il prossimo passo dei ricercatori sarà quello di capire quali altri segreti possano celarsi dietro gli strani “segni” e gli strani “balletti” della cernia rossa dei coralli.
Foto in copertina di: Franco Tulli