Le profondità oceaniche sono note per riservarci grandi sorprese: ogni volta che ci avventuriamo in questi luoghi, scopriamo alcune tra le creature più strane e grandi del pianeta. Infatti, proprio nel 2016, grazie a una spedizione della NOAA alle Hawaii a 2100 metri di profondità, è stata individuata la spugna più grande al mondo, appartenente alla famiglia delle Rossellidae. Per rendere l’idea delle dimensioni raggiunte da questo animale anatomicamente molto semplice, provate a immaginare il volume occupato da una Fiat 500! Altro aspetto ancora più affascinante per una simile creazione della natura è l’età, centenaria o millenaria che sia. Gli abissi ci hanno sempre sorpreso con le loro dimensioni “fuori scala” ma, in acque fredde e prive di luce, la vita scorre molto più lentamente così come lento è l’accrescimento degli animali che ci vivono. Dunque, non è del tutto sbagliato ritenere che questo gigante sia comparso mentre in Italia si avviavano i lavori per la realizzazione della Torre di Pisa.
Perché definiamo la spugna un animale semplice? Perché sono degli organismi pluricellulari privi di organi e tessuti. Ogni cellula svolge una funzione indipendente rispetto alla vicina e vi sono cellule deputate alla protezione esterna dell’animale, cellule per il sostegno, cellule che si occupano di reperire il nutrimento e altre per la riproduzione. A causa di questo livello di organizzazione privo di apparati esterni e di organi interni e, grazie alle forme e colori così vari che le spugne possono assumere, questi animali sono stati considerati, fino a 200 anni fa, delle vere e proprie “piante”.
Le spugne sono scientificamente parlando dei Poriferi, termine che, letteralmente, significa “portatori di pori”. Sulla superficie della spugna si possono notare infatti, anche ad occhio nudo, dei piccoli fori che permettono l’entrata e l’uscita dell’acqua. Questo proprio perché le spugne sono filtratori e necessitano di un continuo flusso d’acqua sia per ossigenarsi che per raccogliere cibo. Non avendo uno stomaco e nessun tipo di tessuto che possa fungere da tratto digestivo, le sostanze vengono catturate e processate da singole cellule specializzate, poste in alcune camere all’interno del corpo della spugna.
Ma com’è possibile che, con nutrimenti tanto piccoli e impercettibili, una spugna possa crescere tanto? Il plancton, per quanto piccolo, è ricchissimo di nutrimento e facile da reperire; dunque, grazie al tempo avuto a disposizione per nutrirsi, la spugna è riuscita a raggiungere simili dimensioni senza esser disturbata.
Essendo sprovvista di muscoli o tessuti che possano contrarsi per incamerare acqua, l’alimentazione delle spugne avviene per mezzo di cellule specializzate chiamate coanociti, in grado di richiamare l’acqua al suo interno e di buttarla fuori.
Questa enorme spugna trovata alle Hawaii si è formata proprio grazie all’azione di queste singole cellule poste nello spongocele le quali, catturando e processando il cibo in sospensione nella colonna d’acqua, hanno distribuito nutrimento a tutto il resto dell’organismo.
Le spugne hanno le più variegate forme e dimensioni: possono avere un’unica camera molto ampia con un’apertura da cui fuoriesce l’acqua o numerose camere più piccole collegate da un’intricata serie di canali che aumentano esponenzialmente la superficie di assorbimento; possono essere incrostanti, globose, ramificate e dai colori più svariati.
Una delle spugne più famose è sicuramente Spongia officinalis. Un tempo questa specie, ora protetta, era selvaggiamente raccolta e allevata, soprattutto nel Sud Italia. Da essa, infatti, si ricavano le spugne da bagno, in quanto la sua struttura di sostegno è quasi interamente composta da spongina, una proteina prodotta da alcune cellule specializzate che forma delle fibre elastiche che danno sostegno all’intera struttura, rendendola anche molto morbida.
Nonostante le spugne siano tra gli abitanti più semplici del mare, sono in grado di creare interazioni complesse e strutture elaborate e di grande bellezza. Sono presenti tra la barriera corallina e ne aiutano il consolidamento della struttura, fornendo anche un riparo a molti piccoli crostacei o nudibranchi che vivono al loro interno e creando simbiosi con le alghe. Sicuramente il caso di mutualismo più bello e visivamente tangibile, grazie al colore acceso della spugna, è quello tra alcune specie di paguro e la cosiddetta “spugna del paguro”. Si tratta di una spugna arancione-rossa di forma globosa con grandi osculi. Il paguro può sceglierla come riparo e, grazie alla sua plasticità, il crostaceo non è costretto a cambiarla anche se diventa più grande. La spugna, se mangiata, è tossica per quasi tutti gli animali marini; dunque, il paguro guadagna una protezione migliore rispetto a quella che avrebbe avuto con una semplice e mera conchiglia, mentre la spugna ottiene quella mobilità che tutte le altre non hanno.