I “fossili viventi” sono ancora oggi tra di noi e ciò non implica che si stia parlando necessariamente del T-rex tutto ossa di “Una notte al Museo” o di quello dei film di Spielberg. Durante un viaggio in Amazzonia nel 2018, lungo le rive del Rio Negro, ho avuto la fortuna di incontrare uno dei pesci d’acqua dolce più grandi al mondo: l’Arapaima. Questa specie (Arapaima gigas) risale al Miocene (23 milioni di anni fa) e presenta caratteristiche morfo-anatomiche molto antiche, come la lingua ossea dentata. È un pesce sviluppato sia in larghezza che in lunghezza e presenta una colorazione grigio argentea lungo tutto il corpo e rossastra marginalmente alle scaglie. La sua carne ha un colore rosso-arancione. Super predatore dei fiumi, si ciba di vari pesci, crostacei e anche di piccoli animali che si trovano sulla superficie dell’acqua, catturandoli grazie al risucchio che crea quando apre la sua grande bocca. La sua tecnica di caccia in prossimità della superficie provoca una caratteristica “tosse” decisamente percepibile all’udito umano, grazie alla quale si denota la spiccata potenza predatoria di questo pesce. Lo stesso suono si ripete quando l’Arapaima sale in superficie per riempire la vescica natatoria posta all’interno della bocca, la quale funge da “polmone” e deve essere riempita ogni 20-30 minuti.
Nella cultura Indios questo pesce riveste una notevole importanza: la pesca è uno strumento imprescindibile per questo popolo e la cattura di un esemplare di notevoli dimensioni può sfamare l’intero villaggio per giorni; inoltre, le scaglie e la lingua sono da sempre utilizzati per fabbricare manufatti rituali. Secondo le leggende locali, le origini dell’Arapaima rievocano sicuramente l’intervento degli dèi: il nome Indios di questo pesce è Pirarucù (“pirà” pesce, “arucu” rosso), nome che apparteneva a un guerriero Indios, figlio di un capo tribù, dal carattere gentile, pacifico, coraggioso, forte e impavido ma, allo stesso tempo, vanitoso, egoista, superbo e critico verso gli dèi. Al culmine delle sue malefatte Tupan, dio a capo degli altri dèi, gli scatenò contro Polo, dio dei fulmini, Lururaruaçú, dea delle piene e Xandore, il demone che odia gli uomini. Nonostante gli attacchi ricevuti e un fulmine che gli attraversò il cuore, il guerriero non si arrese, anche dopo essere stato trascinato nelle profondità del fiume Tocantins e trasformato in pesce. Da padre, il guerriero cambiò completamente la sua personalità, diventando protettivo e amorevole nei confronti della prole. Dunque, l’Arapaima rappresenta in pieno lo spirito del guerriero forte, combattente e mai domo, rendendolo un avversario terribile da affrontare su una piccola piroga in legno.
Purtroppo, le dimensioni medie e la popolazione di Arapaima si sono ridotte notevolmente negli ultimi anni, a causa della pesca eccessiva per scopi alimentari e della distruzione del suo areale. Nonostante tutto, grandi esemplari superiori ai 4 m si aggirano ancora nelle zone più selvagge e sperdute del bacino amazzonico, consegnado di fatto questo pesce alla leggenda.