Quando pensiamo agli squali, l’habitat al quale facciamo riferimento è sempre il mare. Tuttavia, non esistono solo squali di acque esclusivamente salate: pochissime specie sono eurialine, ovvero riescono a vivere sia in acque dolci che salate e alcune sono addirittura obbligate a vivere in acque dolci, come lo squalo del Gange Glyphis gangeticus.
Tra le specie eurialine, vi è il ben più noto squalo leuca o squalo zambesi Carcharhinus leucas che è in grado di risalire i fiumi per centinaia di km e di vivere in zone lacustri, estuarine e costiere. Il suo nome comune “squalo zambesi” è legato ai primi avvistamenti avvenuti nel fiume Zambesi, in Africa, mentre l’epiteto scientifico “leucas” ne indica una colorazione molto chiara. Talvolta viene anche impropriamente chiamato “squalo toro”, traduzione del nome inglese “bull shark” che andrebbe riservato invece a Carcharias taurus.
Lo squalo leuca, nonostante non superi i 3.5 metri di lunghezza e i 350 kg di peso, è considerata una delle specie di squalo più pericolose, responsabile di numerosi attacchi verso l’essere umano. Il motivo che rende questo pesce particolarmente aggressivo è l’elevato livello di ormone steroideo, il testosterone, che fa reagire lo squalo con violenza anche alla più flebile delle provocazioni. Addirittura, c’è chi ritiene che lo squalo leuca, o talora il mako, possa essere stato il responsabile degli attacchi del Jersey Shore del 1916, dai quali trasse ispirazione Peter Benchley per il romanzo Lo Squalo (Jaws) del 1973 e Steven Spielberg per l’omonimo film nel 1975.
È facilmente riconoscibile per la presenza di un muso molto corto e tozzo, della prima pinna dorsale grande e triangolare e di pinne pettorali semi-falcate, grandi e appuntite. Il dorso è grigio mentre sul ventre ha una colorazione chiara. Ha una dieta molto varia, quasi come quella dello squalo tigre e nello stomaco di questi squali sono stati rinvenuti anche resti di antilopi, bovini, gatti, cani, ratti e anche persone.
Predilige aree costiere marine e ambienti lagunari, fluviali ed estuarini, sia tropicali che subtropicali, dal Massachusetts al Brasile, dove addirittura è stato rinvenuto a 3.700 km dalla costa all’interno del Rio delle Amazzoni, dal Marocco all’Angola nell’Atlantico, dal Sud Africa all’Australia attraverso il Kenya, l’India e il Vietnam nell’Oceano Indiano e da Baja California all’Ecuador nel Pacifico. Vive anche nelle acque dolci del Lago Nicaragua, nei fiumi Gange e Bramaputra, negli stati del Bengala occidentale ed Assam e del vicino Bangladesh, nell’estuario di Santa Lucia in Sud Africa, nel fiume Zambesi, nel fiume Brisbane, nei canali della Gold Coast in Queensland e nel Mississippi. Si riproduce in tarda primavera-estate negli estuari e nelle lagune costiere e, dopo una gestazione di 10-12 mesi, la femmina partorisce dai 4 ai 13 piccoli di 60-80 cm che impiegheranno circa 6-8 anni per raggiungere la maturità sessuale. I piccoli appena nati migrano nelle acque dolci dove saranno meno esposti ai predatori e, a due anni, intraprendono la migrazione in mare aperto.
Il meccanismo che consente a questa specie di vivere anche nelle acque dolci risiede nei processi osmoregolatori dei pesci cartilaginei: gli squali, infatti, sono leggermente iperosmotici, ovvero hanno una concentrazione di soluti nel sangue leggermente superiore rispetto all’ambiente esterno, regolando i soluti corporei mediante la concentrazione di urea, ossido di trimetilammina e mediante la ghiandola rettale, un organo endocrino che consente il trasporto attivo di ioni salini. Nello squalo leuca giovane che vive nelle acque dolci questa ghiandola è ridotta a confronto con gli individui marini adulti o estuarini, così come i livelli di urea sono inferiori, riuscendo a ridurre la concentrazione dei soluti fino al 50%. L’efficienza della ghiandola rettale e il contenuto di urea aumentano via via che la specie passa dagli ambienti di acqua dolce a quelli salati, così da regolare i meccanismi osmotici e trattenere i sali per equilibrarsi con l’ambiente esterno.